sabato 25 giugno 2011

Il bello ed il brutto nell'opera d'arte

Interessante leggere il saggio di Hanna Segal sui rapporti tra psicanalisi ed estetica. Tale saggio privilegia in particolare Proust e la Recherche, definita esempio dell’opera d’arte come “lavoro del lutto”, del desiderio di ricreare un mondo perduto elaborandone e superandone l’esperienza di depressione.
Mentre il bello nell’opera d’arte evita la fase della depressione, che presuppone antecedente, e testimonia la riparazione, il brutto esprime la depressione stessa, superandola in forma artistica. Le reazioni negative del pubblico di fronte a certa arte “difficile” per il suo utilizzo del brutto, sono lette dalla Segal come difesa maniacale contro le ansie depressive, finchè esse non cedono al coraggio dell’artista. L’artista a sua volta, per poter trionfare sulla depressione che esprime, deve saper riconoscere ed accettare anche la realtà della morte – per il Sé e per l’oggetto. L’artista deve saper accettare, inglobare nella forma artistica il brutto e il caos: una posizione che anche Samuel Beckett ha espresso con evidenza. (Leggere D. Bair: “Beckett. A Biography”.)
La poetica di Beckett sembra inoltre condividere con il pensiero di Melanie Klein due assunti di base: la “centralità del soggetto” che deforma il mondo, filtrandolo attraverso i suoi meccanismi emotivi di proiezione, e il compito di ridefinire il soggetto: “Chi sono io?”.

Il Teatro deve poter svolgere la stessa funzione di elaborazione del processo psico-emotivo della persona, ponendosi appunto come ponte tra estetica e analisi psichica. La sensazione, il sentimento, lo stato d’animo, l’emozione, l’intenzione e l’azione sono gli elementi base del processo di lavoro su di sé e nel proprio rapporto con la realtà, che il Teatro permette di sviluppare sia in chiave di evoluzione personale, sia in chiave creativo-artistica.

Ogni “artista” ha sempre parlato di sé nel suo processo creativo. Ogni opera d’arte ha sempre contenuto profondi elementi di esperienza personale che proprio attraverso l’Arte vengono sublimati e assolutizzati, liberando la persona dalla sua ansia esistenziale o quanto meno permettendogli di convivere con essa.

Si conoscono troppo poco le qualità terapeutiche del Teatro, che a differenza degli altri linguaggi artistici, consente di vivere “in prima persona” l’esperienza umana che lo riguarda, effettuando una vera e propria catarsi liberatoria dalle proprie problematiche, distaccandosi da esse ed oggettivandone il prodotto creato.

Vedi nel sito di Specchi e Memorie alla voce “Ricerca Teatrale” (www.specchiememorie.it) il senso, il ruolo e le possibilità del Teatro per un processo anche personale, oltre che creativo, alla voce “Ricerca Teatrale”.

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