lunedì 22 dicembre 2014

Isadora Duncan - Danzare la Vita

Cosa vuol dire danzare? Alla nostra mente giungono immagini di danzatori, ballerini che saltano e fanno movimenti plastici su un palcoscenico. Corpi che si muovono in maniera esteticamente e anche atleticamente impeccabile.
E’ dunque questa la danza? Senz’altro questo è quanto siamo abituati a pensare e a vedere in uno spettacolo di danza.
In un film di Pasolini viene chiesto ad un regista cosa ne pensa di Federico Fellini e lui risponde: “Egli…danza….egli…… danza….!”. Senza dubbio non si stava riferendo alla danza di un corpo. Ma alla danza di un’anima. Un’anima che sente, che prova emozioni, che coglie immagini e le trasforma in un’altra realtà, la realtà poetica dell’Arte.

Questa stessa concezione della danza e del movimento l’hanno avuta molti altri artisti nei loro diversi linguaggi espressivi: pittori, scultori, musicisti.

Ma ovviamente ciò è avvenuto anche nella essenza stessa di questo linguaggio, portata al rango di Arte dalla più grande innovatrice di danza di tutti i tempi: Isadora Duncan. 



 La solita eterna domanda: Creativi si nasce o si diventa? Dobbiamo continuare a porcela. E forse ogni volta possiamo aggiungere un nuovo elemento per aiutarci a giungere ad una risposta. Questa volta possiamo aggiungere: Prova a danzare, poi si vedrà. Ma danza col cuore, con la mente, col corpo!!!
Questo disse e fece Isadora Duncan per tutta la vita. Una continua danza. Con corpo, cuore, mente sempre in azione, sempre tutti e tre in movimento, assieme. Ma quale fu l'irripetibile vita di Isadora Duncan?

Nata a San Francisco nel 1878 e cresciuta in povertà, Isadora all’età di sei anni è in grado di radunare intorno a sé un gruppo di bambine e comincia a dare lezioni di danza. Come si fa ad insegnare la danza senza conoscerla? Una domanda logica. Dipende da cosa si vuole insegnare e Isadora non voleva insegnare la danza che si conosceva, ma qualcosa di assolutamente nuovo, che lei stessa scopriva giorno dopo giorno:….. la vita. Danzare la vita.

A 22 anni decide di partire per Parigi.
Nel suo processo creativo, Isadora abbandona il tutù, calzamaglie e scarpette di raso. 
All’Opera di Parigi, da sola su un grande palco illuminato, senza nessuna scenografia, vestita di una tunica di velo, a piedi nudi. Il debutto sarà un trionfo. Da quella sera sarà per i Parigini Isadorable”.

La bellezza è lo svelamento di una verità nascosta che si può trovare soltanto nel profondo di noi stessi. 
Questo Isadora impara dalla vita e dal suo costante studio e questo continua a mettere nella sua danza, sempre nuova, sempre più umana, sempre più vitale.

Il suo grande sogno, obiettivo, progetto si fa sempre più chiaro e nitido nella sua mente. Creare la sua scuola di danza.  
Ma per ottenere ciò deve danzare, danzare sempre, nella vita e nel teatro, nonostante i dolori e le sofferenze che il destino ha sempre in serbo per ognuno di noi: i suoi due figli annegano nell’auto che scivola silenziosamente nella Senna.
Un dolore atroce. La vita è finita, i sogni sono morti, il mondo è vuoto. Un attimo in cui la follia le siede accanto. Isadora Duncan, la ribelle, sente che non avrebbe più potuto danzare.

Ma cosa sappiamo noi di noi stessi? Cosa sappiamo di come il nostro essere si comporterà domani? Quanto gli eventi della realtà, seppur tragici e insopportabili, possono cancellare la nostra più profonda natura?
Una forte passione, una spinta vitale senza limiti, un ideale assoluto, può rendere meno doloroso l’impatto con la realtà? O può almeno permettere di continuare a vivere, per quell’ideale?

Le allieve di Isadora, sapendo dell’accaduto e dello stato di Isadora, vollero andare a trovarla.
Isadora le strinse tutte a se dicendo: “Adesso i miei figli dovete essere voi”.

Quando nel 1915 la guerra è al culmine, un pensiero salverà Isadora: le sue nuove figlie!! Le sue allieve!! Le raggiungerà a New York. La prima rappresentazione, con un vero pubblico di spettatori, la diede al Metropolitan, e per lei fu molto importante in quanto era la prima volta che si esibiva dopo la morte dei suoi bambini.

Finita la guerra Isadora, contenta di riavere le ragazze e al massimo della felicità, esplicò loro il desiderio di fondare una scuola di danza in Grecia. 
I sogni, i sogni più grandi, non bisogna mai dimenticarli. Sono a volte la forza che ci fa alzare al mattino, anche se sembra che non ci sia un motivo valido.
Così partirono per Atene dove Isadora e le sue allieve potevano finalmente vivere in un atmosfera ideale.

Ma può una vita del genere, sempre in movimento, sempre a rischio, avere lunghi momenti di pace? Purtroppo la morte del giovane re di Grecia fece cadere il partito che sosteneva la sua scuola; non le rimase altro che partire per ritornare a Parigi.

Tutto finito? Sogni, danza, futuro? Probabilmente…. se durante la nostra vita non abbiamo continuato a vivere. E magari pretendiamo che avvenga qualcosa di positivo, da sé, solo perché lo vogliamo. Ma quanto ci aveva messo Isadora della sua vita, quanto ci aveva investito, perché la sua potesse sempre essere chiamata…. vita?

Nella primavera del 1921 Isadora riceve un telegramma da Mosca: “Soltanto il governo russo può capirti. Vieni da noi, ti daremo la tua scuola”. Isadora risponde: “Sì, verrò in Russia ed insegnerò a danzare ai vostri bambini”. La danza della vita continua. Tra felicità e disperazione.

Scrivono i giornali russi: “Ecco l’artista di fama mondiale che ha coraggiosamente lasciato la crollante Europa occidentale capitalista per venire a istruire in Russia i bambini della Nuova Repubblica”.
E così la danza della sua vita continua in Russia. 

Con un incontro speciale. 
Un demone vestito da angelo: il poeta Sergei Esenin.
Un incontro tra due anime brucianti.
Se lo avesse cercato non avrebbe trovato in tutta la Russia un uomo più complicato e difficile di lui.
Quando lo incontrò lui aveva 26 anni, ma aveva già vissuto una vita intera!
Fecero una luna di miele che era un carnevale continuo che durò quasi un anno intero, un anno di alberghi, grandi bevute, orgiastiche feste, e scorrazzate a tutto gas con una fiammante automobile rossa per le strade di mezza Europa e negli Stati Uniti.

Ma quando, dopo una lunga tournèe in America, Isadora e Sergei ritornarono a Mosca, Sergei, appena sceso dal treno, s’inginocchiò a baciare il suolo della Russia ed Isadora disse:“Ho riportato nel suo paese questo bambino, ma non voglio avere più niente a che fare con lui”.
Sarà però lui a lasciarla per sposarsi con un’altra donna, un’attrice molto bella.
Il 31 dicembre 1925, mentre Isadora è a Nizza, Sergei si suiciderà impiccandosi nella stessa stanza d'albergo che i due avevano occupato appena sposati.
Perché lo fece? Perché l’amore, poi la fine dell’amore, poi il suicidio, e poi la morte? Isadora ci risponde non con le parole, ma con il suo linguaggio: la vita è una danza, un continuo movimento. O ci lasciamo muovere da ciò che succede o decidiamo noi che passi e forme dare al nostro corpo, alla nostra vita.
Così Isadora si ritrovò sola, accompagnata  solo dalla sua eterna necessità: la scuola di danza.

Il 14 settembre del 1927 è a Nizza. Salutando alcuni amici sale su una lussuosa Bugatti.
E’ allegra, sembra felice. Pochi metri, la lunga sciarpa di seta che indossa s’impiglia nelle ruote dell’auto e la strangola all’istante in un abbraccio mortale.

L’ultima danza. Un passo a due con la morte. Una danza sopra ogni tipo di dolore: “Addio amici, vado verso la gloria”, furono le sue ultime parole.

Sotto una fitta pioggerella il corpo di Isadora fu trasportato a Parigi e sempre sotto la pioggia dopo tre giorni fu seppellito nel cimitero del Père Lachaise. All’ingresso c’erano migliaia di persone.

"Danzare è vivere. Quello che io voglio è una scuola di vita, perchè le ricchezze più grandi dell'uomo si trovano racchiuse nella sua anima e nella sua fantasia. Ci può anche essere un'altra vita dopo questa, ma io non so che cosa vi troveremo. Quello che so è che le ricchezze che abbiamo qui sulla terra risiedono nella nostra volontà, nella nostra vita interiore" 
(Isadora Duncan)