martedì 8 aprile 2014

Eleonora Duse e Gabriele D'Annunzio - Amore da Artisti

(Gabriele D'Annunzio e Eleonora Duse)
A volte, come in un gioco del destino, i grandi personaggi della Storia si incontrano.
E quando accade è un incontro sconvolgente.
Venezia, 1895. 
Gabriele D'Annunzio incontra la più grande attrice di tutti i tempi, Eleonora Duse.

E’ l’inizio di un grande amore, testimoniato dal primo biglietto che la Duse gli invia:

“VEDO IL SOLE, e ringrazio tutte le buone forze della terra per avervi incontrato. A voi ogni bene, e ogni augurio. Eleonora”.

Ma la Duse non è una donna come tutte le altre. Non è solo una passione passeggera per D’Annunzio. Nella Duse, la Divina, il poeta vede l’unica attrice che possa interpretare i suoi drammi. Lei, con la sua forza tragica, con la maestosità della sua presenza scenica. L’unica che possa incarnare la grandezza dei personaggi da lui creati. Per Eleonora Duse, D’Annunzio è l’artista che può dar vita ad un nuovo teatro, il poeta che può esaltare il suo talento.

Quest’incontro è un caso? E’ frutto del destino? O forse esiste una legge misteriosa per cui le grandi forze non possono fare a meno di attrarsi, per annullarsi ed esaltarsi allo stesso tempo nell’incontro con l’altro, e tendere così alla creazione di qualcosa di grande, di nuovo, di bello?

Eleonora Duse è accesa da una passione ed un sentimento travolgenti. 



(Gabriele D'Annunzio)
Vive quest'amore con grande sacrificio e generosità, mentre D'Annunzio, concentrato sulla sua visione e sul compito che si è dato, vede in ogni forma di sentimentalismo il rischio di una debolezza.
E’ contro la normalità, la banalità, la mediocrità. In lui tutto deve essere estremo, esagerato. 
L’amore, i duelli, le provocazioni, persino le abbuffate di dolci di cui è ghiottissimo: “Poche sono le mie passioni, pochi i miei vizi; ma gli uni e gli altri sono estremi”

Uno stile di vita che mira a produrre piacere, quella scintilla necessaria a mettere in moto il processo della sua energia. Energia che è vita, energia senza la quale un essere umano muore prima della morte. D’Annunzio elimina tutto ciò che non gli produce energia.
 
“La città morta”, il nuovo dramma di D'Annunzio, avrebbe dovuto essere interpretato dalla Duse, ma il poeta, forse suggestionato dall’idea di un esordio teatrale a Parigi, offre la parte alla famosa attrice francese Sarah Bernhardt.

La relazione con Eleonora Duse si interrompe, ma riprenderà non appena il poeta le affiderà la parte di protagonista nei suoi nuovi drammi.
Molti accusano D’Annunzio di aver usato la Duse. Ma era davvero mosso solo dall’opportunità?
O forse non poteva permettere che a dominare fosse il sentimento? Anche lui amò la Duse e trovò in lei la fonte di ispirazione più grande della sua vita, rimanendole legato per sempre.
Ma forse qui ancora una volta stiamo usando parole normali: amore, sentimento, sensibilità, per persone per le quali queste parole avevano probabilmente un significato altro.
Persone i cui comportamenti sono per noi spesso incomprensibili.
 
Nel frattempo i drammi di D’Annunzio non raccolgono molto successo. Solo l’interpretazione della Duse evita il fallimento. Ma D’Annunzio appare incredibilmente sereno e sicuro di sé. Quando il pubblico fischia e urla, lui si presenta in ribalta, e con inchini e sorrisi, ringrazia i pochi che applaudono.

Un nuovo romanzo:“Il Fuoco”. 
Un grande successo, ma anche nuove polemiche. 
(Eleonora Duse)
Nel personaggio della Foscarina si riconosce platealmente Eleonora Duse. La sua decadenza fisica, la sua gelosia patologica, la sua paura di perdere l’amato. 
Come si sentì la Duse? 
Quali furono le sue parole?
“Conosco il romanzo e ne ho autorizzato la stampa perché la mia sofferenza, qualunque essa sia, non conta quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana. E poi, ho quarantun anni, e amo!”

La sua dedizione all’arte e all’uomo che considerava il più grande Poeta vivente era totale. Questa forse è la vera dimostrazione dell’essere artista: la totale e più incondizionata dedizione all’Arte, a ciò in cui si crede.

E’ il periodo più fertile della produzione poetica di D’Annunzio. 
Durante una vacanza estiva con la Duse, realizza le sue opere più alte, tra cui Alcyone, l'apice della sua lirica. Una raccolta in cui si staglia, con la sua avvolgente musicalità, “La pioggia nel pineto”. 
Il poeta sta passeggiando nella pineta della Versilia con la sua compagna, Eleonora Duse, soprannominata Ermione, quando improvvisamente i due vengono sorpresi da una pioggia estiva.
E’ un’esplosione di percezioni sensoriali, che penetrano i due fino a quando entrambi perdono la loro condizione di creature umane. Si fondono totalmente con la vita vegetale in mezzo alla quale si muovono, in una sorta di metamorfosi che investe i loro corpi, i loro pensieri e i loro sogni.
 
Tra i vari motivi che porteranno alla rottura tra D'Annunzio e la Duse, un episodio: il poeta chiede all'attrice un prestito per pagare il collegio del figlio, ma decide poi di usare quel denaro per comprarsi un cavallo. 
L’ennesima dimostrazione del suo assoluto egocentrismo, che ancora una volta ferisce la Duse. Ma perché si comporta così? 
E’ davvero così impulsivo, irresponsabile, egoista?
Oppure c’è un’altra ipotesi? Il suo amore per il lusso e per il superfluo nasce da un approccio alla vita ben preciso: vuole combattere la razionalità, o meglio la ragione. Opporsi a quel buon senso che misura e calcola conseguenze e opportunità. D'Annunzio vuole andare oltre la ragione, andare là dove solo l’artista può avventurarsi.

Dopo nove anni, la relazione tra Gabriele D'Annunzio ed Eleonora Duse giunge al termine. L'attrice scrive ancora alcune lettere appassionate, prima di rassegnarsi all’idea che la loro storia d’amore sia conclusa.

Circa vent'anni dopo, D'Annunzio riceve la notizia della morte di Eleonora Duse
Possiamo immaginarlo accarezzare il volto scolpito della Duse, da sempre sulla sua scrivania, mentre pronuncia: “E’ morta quella che non meritai”.
(Il volto scolpito di Eleonora Duse, sulla scrivania di Gabriele D'Annunzio, al Vittoriale)

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