lunedì 15 ottobre 2012

Ho incontrato Simone Weil

L’ho voluta incontrare.
Era in un bar, a parlare a degli operai, arrotolandosi le sigarette e fumando di continuo.
Le ho rubato pezzi di pensieri, di visione, di passione, di parole forti e senza scampo, che dicevano:
                                                                 
Scrivere il più possibile: imparare a scrivere bene significa imparare a pensare bene. Lo scrivere può essere più onesto del parlare, perché non ha da tener conto del pubblico, dell’altro.

Il pensiero è da intendersi come lavoro. Come lo scrivere, il dipingere, il comporre musica: lavoro. Come il costruire, il dare forma. S’impara, e si arriva a dei risultati, come si impara a fare il fabbro, unicamente facendo.
E per fare bisogna essere liberi.
Essere veramente liberi significa agire secondo la volontà, e non abbandonarsi al desiderio e alla passione, che rendono schiavi.
La volontà non si manifesta né nell’intenzione, né nella decisione, ma unicamente nell’azione.

Avere con i Grandi e con le loro opere un rapporto di consuetudine quotidiana: leggerle, rileggerle, impararle. Le grandi opere d’arte parlano il linguaggio dell’assoluto, della bellezza, che risveglia il pensiero e guida l’uomo verso la verità di se stesso.
Tutti debbono muoversi verso questa bellezza, per costruire l’autonomia della propria mente. L’uomo deve superare se stesso. Occorre avere in sé l’idea che bisogna cambiare, trasformarsi.

Non basta volere per avere. Non si può avere direttamente.
Ma bisogna agire perché avvenga, e per far questo è necessario avere davanti agli occhi la propria vita e decidere di farne qualcosa, orientarla in un determinato senso della volontà e del lavoro.
E’ l’impegno totale, l’azione intera, che coinvolge corpo e anima, che non lascia margini.

Bisogna decidere per se stessi, costi quello che costi; non si ha diritto di porsi sotto l’autorità di un altro. Serve un maestro, che è tale solo se insegna a cercare la verità attraverso la propria vita.

La conoscenza. E’ un’opera del pensiero. Deve poter salvare dall’azione irruenta (emozione), dalla fumosa immaginazione, dall’accesa opinione, dalla violenza.

L’attenzione come nutrimento essenziale per il pensiero. Il pensiero come spinta massima alla attenzione.

Vivere il pensiero come attenzione ad un compito fatto di momenti collegati ad un fine preciso, porta alla coscienza della funzione liberatrice del pensiero.
La definizione concreta di libertà si ha quando il pensiero dell’azione precede l’azione.
La comprensione del proprio operare e percezione della sua utilità procurano all’uomo il sentimento del creare.

L’arte è conoscenza. O meglio l’arte è esplorazione.
Il trionfo dell’arte è condurre ad altro da sé: alla vita.

Il tempo è l’immagine stessa della necessità; per questo va accettato in tutti i suoi momenti con consapevolezza.
Non rimandare le cose. Non sottomettersi ciecamente ad esse, non sfuggirvi con l’incoscienza. Bisogna cominciare con la fedeltà ai piccoli compiti.

La vita può e deve essere più reale e piena. Non la mutilare in anticipo con una qualsiasi rinuncia. Non ti lasciar imprigionare da nessun affetto. Preserva la tua solitudine. Se mai verrà un giorno che una “vera” amicizia ti sia concessa, non esisterà opposizione tra la solitudine interiore e l’amicizia. E’ da questo segno infallibile che la riconoscerai.

L’amicizia non va cercata, né sognata, né desiderata.
L’amicizia la si esercita. E’ una virtù.

Il dolore e la bellezza riescono a condurci fuori dalla caverna verso la vera Luce; ma questa uscita altro non è che l’acquisizione della capacità di leggere la molteplicità di significati della simbologia del reale. Bellezza e dolore si sovrappongono e si confondono.

L’unica liberazione possibile ha luogo attraverso l’obbedienza alla necessità.
L’attenzione a tutte le fasi di una “esperienza” che ti costa sofferenza, e il coraggio di affrontarle, creano in te la “forza d’animo”. Usata così, la sofferenza, diventa fattore di formazione e di addestramento.

La noia è una malattia dell’anima. Per cui in tutti gli aspetti della vita sociale, in tutti i momenti del vivere, è necessaria una certa dose di rischio, che impegni le risorse dell’anima ed eserciti il coraggio. Così si vince e si estirpa la noia dall’anima.

“Ho sempre creduto che l’istante della morte sia norma e scopo della vita… anche quando ero bambina, e mi credevo atea e materialista, ho provato sempre un timore: quello di mancare, non la mia vita, ma la mia morte.”
E per raggiungere questo risultato, ci vuole tutta una vita di addestramento.

Gli operai la  ascoltavano. In silenzio. Con il rispetto che si ha per chi sembra volerci trasmettere un grande segreto. Il segreto del vivere. Mentre lei parlava. Parlava e fumava.
Chi l’ha detto che fumare fa male?

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