lunedì 18 luglio 2011

Edvard Munch - L'espressione dell'emozione

                                da "Fare Anima"                              Incontri periodici di Pensiero, Arte e Cultura


Inconscio, morte, mistero, forze universali, follia, angoscia, amore, dolore, allucinazione, sesso, passione, emozione, sacro, profondo, inquietudine, malinconia, enigma, spirito, disperazione, urlo, lotta, natura, ragione, urlo.

"Camminavo lungo la strada con due amici, quando il sole tramontò. I cieli diventarono improvvisamente rosso sangue e percepii un brivido di tristezza. Un dolore lancinante al petto. Mi fermai, mi appoggiai a parapetto in preda ad una stanchezza mortale. I miei amici continuarono a camminare e io fui lasciato tremante di paura. E sentii un immenso urlo attraversare la natura".

A quale prezzo l’artista paga la grandezza della sua arte?
Si è disposti a pagare un prezzo alto solo per qualcosa che riteniamo di grande valore per noi, si è disposti a pagare un prezzo smisurato per qualcosa di cui abbiamo un estremo bisogno, si è disposti a dare la vita per qualcosa che per noi è l’unica possibilità per esistere.
Tra coloro che hanno anteposto l’arte come mezzo per capire la realtà, se stessi, per ricostruire una propria personale visione del mondo, per definire un proprio rapporto con l’esistenza… chi ha fatto tutto questo? Alcune poche e straordinarie persone, e tra queste, lui, uno di quelli che ha gettato il suo sguardo in fondo all’abisso, e poi è tornato su a cercare di raccontarcelo: Edvard Munch.

Munch sentiva di essere vittima di una sorta di maledizione, la malattia, la morte, la sofferenza, l’angoscia lo avevano accompagnato sin dalla culla:
La malattia, la follia e la morte erano gli angeli neri che si affacciavano sulla mia culla”.
“Questa paura della vita è cresciuta in me dal momento in cui il pensiero mi aveva attraversato la mente… E’ come se un’ingiusta maledizione mi abbia seguito. Ciononostante, mi è spesso sembrato di essere dipendente da questa paura della vita – mi è necessaria – e non vorrei stare senza”.

Per lui quella maledizione è stata una benedizione, lo aveva munito di una forza, di una profondità di osservazione, di una sensibilità talmente al di là del normale, che lo avrebbe isolato dal mondo, e portato a vivere il mondo interiore a scavarci dentro a lungo e a portare alla luce, per noi, persone normali, le più belle e splendenti gemme dell’inconscio, del primitivo, dell’onirico, …belle.. ma anche tanto, tanto inquietanti….

Siamo nei primi del novecento. Il mondo sta cambiando. Il progresso, le macchine, le fabbriche, la velocità, i rumori… la modernità.
La società vedeva nel progresso la possibilità di una vita migliore, sentiva l’entusiasmo verso un uomo sempre più capace di dominare la natura, di piegarla al suo volere… il potere della scienza, della ragione.
Ma l’artista non è la società, l’artista non è la massa. L’artista è fuori e vede, e sente, e coglie qualcosa che agli altri sfugge. Coglie un  essere umano sempre più imprigionato nei falsi valori della borghesia, un uomo che si allontana sempre di più dal suo spirito, dal suo senso del sacro, dal suo rapporto con se stesso. Coglie l’inizio della fine, qualcosa di irreparabile che sta avvenendo. Dio è morto, i grandi ideali vengono sostituiti dalla ricerca del benessere, della vita materiale più facile che invece di lasciare più spazio alla vita dello spirito, esaspera ancora di più quella del corpo e dei suoi bisogni, dai primari a quelli totalmente superficiali. Un uomo che si sta perdendo…

“Vedo tutti gli esseri umani al di là delle loro maschere, quelli sorridenti, le facce serene, cadaveri pallidi affrettarsi inquieti lungo un tortuoso sentiero che conduce alla tomba”.

Guardare dentro se stessi, questo fa Munch, attraverso se stesso, le sue angosce, le sue memorie dolorose, le sue allucinazioni, cerca di fare chiarezza sulla condizione umana in assoluto.

“La mia pittura è in realtà un esame di coscienza e un tentativo per comprendere il mio rapporto con l’esistenza. Essa è dunque, per certi aspetti, una forma di egoismo, ma spero sempre per il suo tramite di aiutare gli altri a vederci più chiaro”.

La malattia, la morte, l’amore, l’abbandono, il sesso, il rapporto enigmatico tra uomo e donna. Parte da se stesso e va giù, giù, sempre più giù...fino ad Adamo ed Eva, cogliendo già in essi il germe di una impossibilità di comunicazione ma di una condanna a cercarsi, volersi, disperatamente. Attrazione e repulsione, legame e abbandono, desiderio e senso di colpa.
“La donna, nella sua diversità, è un mistero per l’uomo. La donna è allo stesso tempo una santa, una puttana e un’amante infelice devota all’uomo”.

Munch svela se stesso, svela le sue debolezze, le sue ossessioni, i suoi turbamenti, i suoi interrogativi.  Ma tutto questo fa parte di un mondo sotterraneo, il mondo dell’inconscio, di quelle pulsioni, quelle sensazioni, quelle paure, quei richiami così misteriosi e imprendibili, che per rappresentarli non c’è immagine che possiamo prendere a prestito dalla realtà, ma dobbiamo crearla.
Munch la crea, crea delle immagini mentali che corrispondano alle sue visioni, a ciò che sente: “Io non dipingo ciò che vedo, ma ciò che sento”.

E così crea dei nuovi simboli, cerca, cerca in continuo, riprende lo stesso tema più e più volte, modificando l’immagine, usando altre tecniche, altri materiali. La sua non era una sperimentazione dettata da un gioco di versatilità, bensì la ricerca spasmodica di una corrispondenza dell’immagine col sentire… “Se riprendo più volte un tema è per calarmici dentro più profondamente… ogni versione rappresenta un contributo al sentimento della prima impressione”.
Ma com’è difficile esprimere una sensazione…. Lui, però, si è avvicinato più di tutti nel farlo...
                                                                                  
Munch sente che nella vita bisogna fare una scelta, è influenzato da Kierkegaard:  Aut Aut, o questo o quello. Questo è l’arte, il mondo spirituale, interiore, la ricerca del profondo; quello è la vita quotidiana, le relazioni, l’amore, il matrimonio, la ricerca stessa della felicità:
"Io cammino lungo un sentiero stretto. Da un lato un precipizio scosceso, un abisso dal fondo senza fine. Dall’altro i prati, le montagne, le case, la gente. Io cammino e vacillo su quel crinale. Sono sempre sul punto di cadere dal precipizio, e allora mi protendo verso il prato, le case, la gente. Volteggio nella vita vibrante – ma devo però ritornare su quel sentiero che costeggia il precipizio. Quella è la mia via, devo percorrerla. E’ il mio sentiero fino a quando precipiterò nell’abisso".

Munch rappresenta l’uomo che lotta. La lotta interiore dell’uomo. Che cosa, chi combatte dentro l’essere umano? Chi sono i due cavalieri con fiammanti armature che sferragliano, tagliano, infilzano nel nostro cuore? Il corpo e lo spirito. Le due nature così difficili da far andare d’accordo dentro di noi. Corpo e spirito si combattono, e nell’artista essi fanno una lotta all’ultimo sangue, e quello che lui ci lascia, ci dona con tanto amore e devozione è il sangue del cuore umano. L’arte è il sangue del cuore umano.

“In generale l’arte nasce dal desiderio dell’individuo di rivelarsi all’altro. Io non credo in un’arte che non nasce da una forza, spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore. Ogni forma d’arte, di letteratura, di musica deve nascere dal sangue del nostro cuore. L’arte è il sangue del nostro cuore”.
     

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