domenica 31 luglio 2011

Frida Kahlo - Dire sì alla vita

da "Incontri Straordinari"
presentazione del gruppo di pedagogia di Specchi e Memorie

Quanto la realtà ci determina, ci fa essere ciò che siamo, attraverso le nostre origini, l’ambiente in cui cresciamo, il tempo in cui viviamo, gli eventi che ci accadono? E quanto invece siamo noi a scrivere la storia della nostra vita, creandola dentro e fuori di noi?
Quanto possiamo intervenire su di noi e sugli effetti ed i segni che la realtà ha lasciato e continua a lasciare sul nostro corpo e sulla nostra anima?
Il 17 settembre 1925 una ragazza di 17 anni, piccolina, dai lunghi capelli neri e dagli profondi occhi scuri, sta tornando da scuola, con il suo ragazzo, come sempre, come tutte le ragazze di sempre, quando l’autobus su cui viaggia si scontra con un tram.
Nell’incidente questa ragazza riporta fratture e ferite in tutto il corpo e alla spina dorsale. Il corrimano dell'autobus si stacca, le trafigge il fianco e le esce dalla vagina.
La realtà è quel corrimano che la trafigge, squarciandole il corpo e i suoi sogni di giovinetta. La sua vita è completamente stravolta…… Ma quale vita?
A quale vita in questo momento noi stiamo pensando, riferendoci ad una ragazza all’inizio del suo cammino di donna? Ci passano davanti immagini di sorrisi, di corse nei prati, di strette amorose a figli tenuti tra le braccia. Questa è la vita che viene stravolta. La vita di tutti, di sempre. E chi non la può ottenere per la casuale malvagità della realtà, la continua a cercare e sognare guardando con invidia quelle immagini divenute, per gli altri, realtà.
Ma chi è questa sfortunata ragazza che il destino ha voluto segnare così crudelmente?

Questa ragazza è Frida Kahlo. Una giovane messicana che sogna di diventare medico.
Ma noi conosciamo una Frida Kahlo pittrice di fama mondiale, un mito della storia messicana e un simbolo di forza e femminilità. Ma cosa è successo? Cosa ha trasformato la vita di una giovane e qualunque ragazza, in un’altra vita piena di eventi ed esperienze addirittura difficili da immaginare?
Frida Kahlo non aveva ambizioni artistiche, ma per ingannare il tempo, prese a dipingere.

Secondo C. G. Jung, sarebbe tuttavia troppo semplice e superficiale, ipotizzare un rapporto causale tra l’evento dell’incidente e l’insorgenza della vena artistica.
Jung, raccontando una sua personale esperienza di malattia e sofferenza, dice:
«Dopo la malattia cominciò per me un fruttuoso periodo di lavoro: molte delle mie opere principali furono scritte solo allora. La conoscenza, o l’intuizione, che avevo avuto della fine di tutte le cose, mi diede il coraggio di intraprendere nuove strade ...Ma dalla malattia derivò anche un’altra cosa: potrei chiamarla un dir di “sì” all’esistenza; un “sì” incondizionato a ciò che è. Fu solo dopo la malattia che capii quanto sia importante dir di sì al proprio destino. In tal modo forgiamo un io che non si spezza quando accadono cose incomprensibili; un io che regge, che sopporta la verità, e che è capace di far fronte al mondo e al destino.»

L’incidente e la conseguente sofferenza furono quindi una possibilità per Frida di scoprire se stessa nel rapporto con l’esistenza.
Ma questa condizione di sofferenza spalanca però anche la possibilità di trasformare il proprio atteggiamento verso la vita, imparando a pronunciare un incondizionato SI’ all’esistenza, con i suoi dolori, i suoi fallimenti, i suoi errori, un dire di sì che si traduce nell’accettazione della propria autentica essenza.
Ma quale è l’autentica essenza di Frida? Frida la cerca, prima di tutto, osservandosi e continuando ad osservarsi per tutta la vita. Ma questa osservazione è attuata con la meticolosità ed il rigore tragico di un medico, che osserva il suo stesso corpo e la sua stessa anima crudelmente martoriati.
("Henry Ford Hospital", 1932)

E così dipinge. Ma cosa dipinge? Cosa urla il suo io interiore, imprigionato in un corpo a forma di gabbia, che la sua mano non può che trasformare in immagini di sé stessa e della sua lotta col dolore?
Immagini crude, immagini di sogni infranti, immagini della sua anima vestita di mille colori, immagini passionali.
("La colonna spezzata", 1944)
In una lettera a Rivera, Picasso esprimeva la sua personale ammirazione scrivendo:“Né tu, né io siamo capaci di dipingere una testa come quelle di Frida Kahlo”.

Sì, perché quello che noi vediamo nei suoi quadri, non è che l’espressione, indelebile nel tempo, di quel sì incondizionato alla vita, che proprio perché incondizionato non può che essere passione estrema, forza incandescente, che le farà dire:Vorrei…poter fare quello che mi gira Dietro la cortina della “Pazzia” (…) Così: sistemerei i fiori, tutto il giorno, dipingerei  il dolore, l’amore e la tenerezza, riderei a mio agio della stupidità degli altri, e  tutti direbbero: poveretta!  È pazza!”

Ma ancora ci chiediamo: quale era l’autentica essenza di Frida?: il bisogno di esprimere il proprio io, il bisogno d’amore, l’amore per le sue origini e la sua terra. Bisogni di tutti. Ma che non tutti portano così in fondo, forse perché non mossi da una tale insopprimibile necessità:“Nonostante tutto voglio fare molte cose e non mi sento mai “scontenta della vita” come nei romanzi russi”
Sospinta costantemente dalle sue sofferenze, si butta col massimo della forza nel teatro della vita. Fa della sua vita un teatro in cui lei è l’assoluta protagonista. Nella gioia e nel dolore, purché estremi. Nelle azioni, nei vestiti, nelle parole, negli amori. 
E così anche l’amore diventa espressione di questa forza estrema dell’io. Anche in questo caso nella gioia e nel dolore, vissuti senza limiti.  Un incondizionato sì alla vita: Cadere e rialzarsi, cadere e rialzarsi. Questa sarà la sua vita.: “Niente vale più della risata  E’ necessario ridere e abbandonarsi. Essere leggeri (…) La tragedia è la cosa più ridicola che “l’uomo” abbia.  Sono sicura che gli animali anche se “soffrono” non esibiscono la loro pena in teatri”.
           
Frida Kahlo nascondeva il corpo tormentato sotto gli spettacolari ornamenti delle contadine messicane, un corpo che il destino aveva voluto fiaccare, ridurre al silenzio, ma che Frida aveva saputo risvegliare facendo urlare il suo dolore ed il dolore di chi sceglie di vivere.

Ed ecco che questo dolore, sublimato nell’esperienza di una vita attiva e creativa, ha permesso a Frida di vivere con intensità straordinaria ogni genere di sensazione ed emozione. Quelle sensazioni ed emozioni che fanno di una vita una vita e che forse noi, pur fisicamente sani e molto preoccupati di restarlo, non ci diamo la possibilità di vivere, di dire quell’incondizionato sì alla vita. Una e unica.

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