Cosa vuol dire danzare? Alla
nostra mente giungono immagini di danzatori, ballerini che saltano e fanno
movimenti plastici su un palcoscenico. Corpi che si muovono in maniera
esteticamente e anche atleticamente impeccabile.
E’ dunque questa la danza?
Senz’altro questo è quanto siamo abituati a pensare e a vedere in uno
spettacolo di danza.
In un film di Pasolini viene
chiesto ad un regista cosa ne pensa di Federico Fellini e lui risponde: “Egli…danza….egli……
danza….!”. Senza dubbio non si stava riferendo alla danza di un corpo. Ma alla
danza di un’anima. Un’anima che sente, che prova emozioni, che coglie immagini
e le trasforma in un’altra realtà, la realtà poetica dell’Arte.
Questa stessa concezione della
danza e del movimento l’hanno avuta molti altri artisti nei loro diversi
linguaggi espressivi: pittori, scultori, musicisti.
Ma ovviamente ciò è avvenuto
anche nella essenza stessa di questo linguaggio, portata al rango di Arte dalla
più grande innovatrice di danza di tutti i tempi: Isadora Duncan.
La solita eterna domanda:
Creativi si nasce o si diventa? Dobbiamo continuare a porcela. E forse ogni
volta possiamo aggiungere un nuovo elemento per aiutarci a giungere ad una
risposta. Questa volta possiamo aggiungere: Prova a danzare, poi si vedrà. Ma
danza col cuore, con la mente, col corpo!!!
Questo disse e fece Isadora
Duncan per tutta la vita. Una continua danza. Con corpo, cuore, mente sempre in
azione, sempre tutti e tre in movimento, assieme. Ma quale fu l'irripetibile vita
di Isadora Duncan?
Nata a San Francisco nel 1878 e
cresciuta in povertà, Isadora all’età di sei anni è in grado di radunare
intorno a sé un gruppo di bambine e comincia a dare lezioni di danza. Come si
fa ad insegnare la danza senza conoscerla? Una domanda logica. Dipende da cosa
si vuole insegnare e Isadora non voleva insegnare la danza che si conosceva, ma
qualcosa di assolutamente nuovo, che lei stessa scopriva giorno dopo giorno:…..
la vita. Danzare la vita.
A 22 anni decide di partire per
Parigi.
Nel suo processo creativo,
Isadora abbandona il tutù, calzamaglie e scarpette di raso.
All’Opera di
Parigi, da sola su un grande palco illuminato, senza nessuna scenografia,
vestita di una tunica di velo, a piedi nudi. Il debutto sarà un trionfo. Da
quella sera sarà per i Parigini “Isadorable”.
La bellezza è lo svelamento di
una verità nascosta che si può trovare soltanto nel profondo di noi stessi.
Questo Isadora impara dalla vita e dal suo costante studio e questo continua a
mettere nella sua danza, sempre nuova, sempre più umana, sempre più vitale.
Il suo grande
sogno, obiettivo, progetto si fa sempre più chiaro e nitido nella sua mente.
Creare la sua scuola di danza.
Ma per ottenere
ciò deve danzare, danzare sempre, nella vita e nel teatro, nonostante i dolori
e le sofferenze che il destino ha sempre in serbo per ognuno di noi: i
suoi due figli annegano nell’auto che scivola silenziosamente nella Senna.
Un dolore atroce. La vita è
finita, i sogni sono morti, il mondo è vuoto. Un attimo in cui la follia le
siede accanto. Isadora Duncan, la ribelle, sente che non avrebbe più potuto
danzare.
Ma cosa sappiamo noi di noi stessi? Cosa sappiamo di come il nostro
essere si comporterà domani? Quanto gli eventi della realtà, seppur tragici e
insopportabili, possono cancellare la nostra più profonda natura?
Una forte passione, una spinta
vitale senza limiti, un ideale assoluto, può rendere meno doloroso l’impatto
con la realtà? O può almeno permettere di continuare a vivere, per
quell’ideale?
Le allieve di
Isadora, sapendo dell’accaduto e dello stato di Isadora, vollero andare a
trovarla.
Isadora le
strinse tutte a se dicendo: “Adesso i miei figli dovete essere voi”.
Quando nel 1915 la
guerra è al culmine, un pensiero salverà Isadora: le sue nuove figlie!! Le sue
allieve!! Le raggiungerà a New York. La prima rappresentazione, con un vero
pubblico di spettatori, la diede al Metropolitan, e per lei fu molto importante
in quanto era la prima volta che si esibiva dopo la morte dei suoi bambini.
Finita la guerra Isadora, contenta di riavere le ragazze e al massimo della felicità, esplicò loro il desiderio di fondare una scuola di danza in Grecia.
I sogni, i sogni più grandi, non bisogna mai dimenticarli. Sono a volte la
forza che ci fa alzare al mattino, anche se sembra che non ci sia un motivo
valido.
Così partirono
per Atene dove Isadora e le sue allieve potevano finalmente vivere in un atmosfera
ideale.
Ma può una vita
del genere, sempre in movimento, sempre a rischio, avere lunghi momenti di
pace? Purtroppo la morte del giovane re di Grecia fece cadere il partito che
sosteneva la sua scuola; non le rimase altro che partire per ritornare a
Parigi.
Tutto finito?
Sogni, danza, futuro? Probabilmente…. se durante la nostra vita non abbiamo
continuato a vivere. E magari pretendiamo che avvenga qualcosa di positivo, da
sé, solo perché lo vogliamo. Ma quanto ci aveva messo Isadora della sua vita,
quanto ci aveva investito, perché la sua potesse sempre essere chiamata…. vita?
Nella primavera
del 1921 Isadora riceve un telegramma da Mosca: “Soltanto il governo russo può
capirti. Vieni da noi, ti daremo la tua scuola”. Isadora risponde: “Sì, verrò
in Russia ed insegnerò a danzare ai vostri bambini”. La danza della vita
continua. Tra felicità e disperazione.
Scrivono i
giornali russi: “Ecco l’artista di fama mondiale che ha coraggiosamente
lasciato la crollante Europa occidentale capitalista per venire a istruire in
Russia i bambini della Nuova Repubblica”.
E così la danza
della sua vita continua in Russia.
Con un incontro speciale.
Un demone vestito da angelo: il poeta Sergei Esenin.
Un incontro tra due anime brucianti.
Se lo avesse
cercato non avrebbe trovato in tutta la Russia un uomo più complicato e
difficile di lui.
Quando lo
incontrò lui aveva 26 anni, ma aveva già vissuto una vita intera!
Fecero una luna di miele che era un carnevale continuo che
durò quasi un anno intero, un anno di alberghi, grandi bevute, orgiastiche
feste, e scorrazzate a tutto gas con una fiammante automobile rossa per le
strade di mezza Europa e negli Stati Uniti.
Ma quando, dopo
una lunga tournèe in America, Isadora e Sergei ritornarono a Mosca, Sergei,
appena sceso dal treno, s’inginocchiò a baciare il suolo della Russia ed
Isadora disse:“Ho riportato nel suo paese questo bambino, ma non
voglio avere più niente a che fare con lui”.
Sarà però lui a lasciarla
per sposarsi con un’altra donna, un’attrice molto bella.
Il 31 dicembre
1925, mentre Isadora è a Nizza, Sergei si suiciderà impiccandosi nella stessa
stanza d'albergo che i due avevano occupato appena sposati.
Perché lo fece? Perché l’amore, poi la fine dell’amore, poi il
suicidio, e poi la morte? Isadora ci risponde non con le parole, ma con il suo
linguaggio: la vita è una danza, un continuo movimento. O ci lasciamo muovere
da ciò che succede o decidiamo noi che passi e forme dare al nostro corpo, alla
nostra vita.
Così Isadora si ritrovò sola, accompagnata solo dalla sua eterna necessità: la scuola di
danza.
Il 14 settembre del 1927 è a
Nizza. Salutando alcuni amici sale su una lussuosa Bugatti.
E’ allegra, sembra felice. Pochi
metri, la lunga sciarpa di seta che indossa s’impiglia nelle ruote dell’auto e
la strangola all’istante in un abbraccio mortale.
L’ultima danza. Un passo a due
con la morte. Una danza sopra ogni tipo di dolore: “Addio amici, vado verso la gloria”, furono le sue ultime parole.
Sotto una fitta
pioggerella il corpo di Isadora fu trasportato a Parigi e sempre sotto la
pioggia dopo tre giorni fu seppellito nel cimitero del Père Lachaise. All’ingresso
c’erano migliaia di persone.
"Danzare è vivere. Quello che io voglio è una scuola di vita, perchè le ricchezze più grandi dell'uomo si trovano racchiuse nella sua anima e nella sua fantasia. Ci può anche essere un'altra vita dopo questa, ma io non so che cosa vi troveremo. Quello che so è che le ricchezze che abbiamo qui sulla terra risiedono nella nostra volontà, nella nostra vita interiore"
(Isadora Duncan)